Per “spesometro” si intende la comunicazione dei dati relativi alle fatture che sono state emesse, ricevute e registrate dai parte dei soggetti passivi IVA e che poi son state trasmesse all’Agenzia delle Entrate. Attraverso lo spesometro, i soggetti passivi di IVA riferiscono quindi tutto quello che è stato documentato attraverso le fatture, le bollette doganali o le note di variazioni IVA. Sono escluse dallo spesometro le ricevute fiscali e gli scontrini, oltre che i contribuenti nel regime forfettario e nel regime dei minimi, i produttori agricoli delle zone montane e i commercianti al dettaglio per operazioni sotto i tremila euro.
Cos’è lo spesometro e come funziona
La comunicazione dei dati dev’essere effettuata all’Agenzia delle Entrate in via telematica. Qui devono essere inseriti i dati dei soggetti coinvolti nelle operazioni, il numero di fattura e la data, la base imponibile, l’aliquota applicata, l’imposta e la tipologia dell’operazione a fini IVA.
Obiettivo dello spesometro è quello di verificare la congruenza e la veridicità di ciò che questi soggetti passivi di IVA dichiarano, in sede di Dichiarazione dei Redditi. Con lo spesometro, lo stato può controllare entrate e uscite, evitando quindi grandi frodi.
Il ravvedimento dello spesometro nel 2018
Cinque anni fa, nel 2018, lo spesometro venne rinnovato e vennero introdotte alcune novità nel suo regolamento. A normarlo fu la Legge di Bilancio 2018, con l’obbligatorietà dell’emissione di fattura elettronica a partire dal primo gennaio del 2019. Innanzitutto, sono state esonerate dalla trasmissione dei dati per lo spesometro le fatture emesse da parte di Amministrazioni Pubbliche a consumatori finali. Di conseguenza, dal 1° gennaio 2019, le comunicazioni obbligatorie per lo spesometro riguardavano quelle per le quali operazioni non era stata emessa o ricevuta la fattura tramite il Sistema di Interscambio dell’Agenzia delle Entrate.
In quell’anno, l’invio delle comunicazioni dello Spesometro era trimestrale e telematico, per cui doveva essere inviato entro l’ultimo giorno del secondo mese successivo a ogni trimestre. In alternativa, lo si poteva inviare ogni sei mesi. Nel primo trimestre del 2018, quindi, la scadenza era per il 31 maggio. Il secondo trimestre, invece, prevedeva la scadenza a domenica 30 settembre , per cui è slittata a lunedì 1° ottobre. Il terzo trimestre termina il 28 febbraio del 2019.
Le sanzioni del 2018
Nel caso in cui non venisse presentato lo Spesometro, nei casi in cui era obbligatorio farlo, si poteva incorrere in sanzioni. Nel caso di omessa trasmissione, per ogni fattura veniva applicata una sanzione di 2 euro: il massimo era di mille euro per ogni trimestre. Entro il limite di 500 euro, la sanzione veniva ridotta a un euro, a patto però che la corretta trasmissione dei dati avvenisse entro quindici giorni dalla scadenza dello spesometro. Per sanare la propria posizione, il contribuente deve presentare la comunicazione omessa e poi correggerla, versando la relativa sanzione con un F24 e usando il codice tributo 8911.
Tale sanzione prevede inoltre delle riduzioni, nel caso in cui sia pagata entro certi termini. Entro 90 giorni dall’omissione si riduce di 1/9; entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione scende invece di 1/8.