Intesa Sanpaolo: accordo con il Banco Estado Chile per l’internazionalizzazione del no-profit

L’amministratore delegato di Banca Prossima (facente parte del Gruppo Intesa Sanpaolo) Marco Morganti ha recentemente firmato un’intesa con il Banco Estado del Chile, la Corporazione di sostegno alla produzione e la commissione economica per l’America Latina. Questo accordo trasversale è uno dei tanti punti di arrivo, voluti in primis dallo stesso governo italiano, per sviluppare l’economia sociale cilena e trasferire le relative competenze al fine di instaurare un modello operativo simile a quello proposto, da diverso tempo, da Banca Prossima. Un impegno ad ampio raggio per cercare di diversificare le meccaniche economico-finanziarie del territorio sudamericano virando su una tipologia di tipo partecipativo.

L’occasione in sé è un’ottima opportunità per internazionalizzare le principali no-profit italiane. Inoltre, l’accorso in questione dà a Banca Prossima la possibilità di mettere a punto un tavolo di lavoro con tre prestigiosi enti in possesso di un portafoglio clienti, e di una relativa copertura geografica, a dir poco esorbitanti. Il discorso, che si articolerà attraverso un arco temporale piuttosto lungo, possiede tutti i requisiti necessari per gettare le basi di un progetto versatile, poliedrico e alla portata di chiunque lo desideri. Un obiettivo difficile, è vero, ma ben lontano dall’essere irrealizzabile.

Ad ogni modo, l’accordo con il Banco Estado Chile, la Corporazione di sostegno alla produzione e la commissione per l’America Latina è soltanto uno degli step programmati da Intesa Sanpaolo per virare con forza verso una marcata internazionalizzazione delle sue attività di riferimento. Grazie all’appoggio dell’Advisory Board, infatti, sono allo studio ulteriori tappe significative per intensificare i rapporti sociali ed economici con altri territori esteri.

L’utilità di iniziare il trading binario con un conto demo gratis

Considerato che le opzioni binarie possiedono una duplice anima condizionata, in toto, da determinate scelte previsionali, risulta estremamente ostico saperle maneggiare consapevoli di poter pervenire al traguardo prefissato.

Per evitare di generare una specie di timore reverenziale prettamente finanziario, numerose società di brokeraggio binario propongono l’accesso ad un conto demo gratuito attraverso il quale è possibile fare esperienza e perfezionare il proprio fiuto per gli affari.

Senza correre il rischio di dover perdere il capitale investito, il conto demo gratuito legato alle opzioni binarie è particolarmente adatto per i trader alle prime armi desiderosi di addentrarsi a piene mani nei meandri del trading online. Seguendo questo link puoi scoprire quali sono i migliori conti demo per le opzioni binarie, qui di seguito invece, ti spiegherò perchè non devi sottovalutare questo strumento.

Offerto da tutte le migliori società specializzate nel trading binario, a seguito della registrazione e del primo versamento utile per l’apertura del conto deposito finanziario, il conto demo gratuito assicura un numero elevato di transazioni utilizzando soldi virtuali che potranno essere ricaricati in qualunque momento lo si preferisca. Muovendosi tra grafici, percentuali di rendimento, sentiment positivi o negativi e molto altro ancora, l’utente avrà diverse chance per mettersi in gioco ed accrescere un istinto finanziario di livello superiore.

Toccare con mano la reale portata di un’opzione binaria nel breve o nel lungo periodo a seconda dell’asset a cui è relazionata è un primo, importante banco di prova per testare le proprie capacità e comprendere tutte le meccaniche dietro uno strumento finanziario apparentemente semplice.

In aggiunta, il conto demo gratuito relativo alle opzioni binarie permette di avere un approccio diretto con le peculiarità della piattaforma di trading prescelta. Familiarizzare con un simile apparato multimediale indirizza verso un sentiero vincente fatto di strategie dettagliate e proiezioni dagli esiti pressoché infallibili; inoltre, risulta essere, per il broker binario, un biglietto da visita eccellente, un autentico traino commerciale finalizzato all’aumento del suo portafoglio clienti.

Infatti, non è assolutamente raro trovarsi di fronte a delle società di intermediazione disposte a dare un conto demo gratuito senza chiedere in cambio versamento pecuniario minimo. Un rapporto monodirezionale in nome di una sponsorizzazione pulita, trasparente, sicura ed affidabile che non fa altro che innalzare la qualità media del trading online e delle sue relative branche finanziarie.

Regolamentato lo “smart working”

Cambia definitivamente il concetto di lavoro “agile”; Passo in avanti per questa nuova forma di contratto, il lavoro da casa, da oggi verrà regolamentato da ben 9 articoli contenuti nel disegno di legge strettamente connesso alla legge sulla stabilità.

Negli ultimi anni questa forma di collaborazione sta prendendo molto piede in italia; proprio grazie a questo boom si è resa necessaria una regolamentazione dei lavoratori “agili”.

Le nuove normative riguardo allo smart working hanno lo scopo di stabilire le regole con le quali le aziende dovranno gestire questi rapporti, sia dal punto di vista prettamente pratico che dal punto di vista economico.

Ai cosiddetti lavoratori da casa, saranno quindi garantiti diritti e doveri tipici di qualsiasi altro lavoratore dipendente, sia per quanto riguarda malattie e infortuni che per quanto riguarda la retribuzione, che non dovrà essere inferiore a coloro che prestano la propria attività lavorativa all’interno dell’azienda.

Tale manovra, che da una parte fa aumentare i diritti dei lavoratori, evitando che le aziende abusino di tale tipo di collaborazione, dall’altro rischia di spaventare le aziende le quali potrebbero essere intimorite dai nuovi obblighi di legge.

In definitiva la nuova legge non fa altro che stabilire che sia chi lavora da casa che chi lavora in azienda debba avere lo stesso tipo di trattamento sia dal lato economico che dal lato pratico e gestionale.

Non resta, a questo punto, che aspettare e vedere come la nuova legge cambierà l’approccio delle aziende in materia di lavoro da casa.

Il linguaggio del Forex: long, short, ask, bid e spread. Cosa significano?

Così come molti altri settori, anche il mondo della finanza è inflazionato di termini inglesi che, sebbene molto affascinanti, possono confondere e persino scoraggiare gli investitori che si affacciano per la prima volta nei mercati azionari. Vediamo qui di fare chiarezza sulla terminologia tecnica anglosassone più utilizzata.

Chi opera in borsa non verrà sempre chiamato “negoziatore”, bensì “trader”, e la “compra-vendita sulla rete” si indicherà con l’espressione “trading online”. I “brokers” non sono altro che le agenzie intermediarie finanziarie che ci offrono i servizi per operare nel mercati borsistico, che viene tradotto con “stock exchange market”.

Vediamo ora nello specifico il gergo del “Forex”. Il termine “Forex” indica il “Foreign Exchange Market”, ossia il mercato dello scambio delle valute internazionali. Quando ci imbattiamo nel “cross”, ci riferiamo alla coppia di valute con le quale si opera, come ad esempio EUR/USD, dove l’euro è la valuta base o “base currency” e USD è la valuta secondaria o “counter currency”. Quando si decide di acquistare la valuta base, vendendo di conseguenza quella secondaria, stiamo assumendo una posizione “long”; inversamente, la nostra operazione si chiamerà “short”.

Si sarà notato che ai “cross” vengono associate nel Forex  due quotazioni, “bid” e “ask”: “bid” è il prezzo di vendita della valuta, mentre “ask” è quello di acquisto, che è sempre più alto rispetto al primo. Dalla differenza dei due si genera il cosiddetto “spread”, che rappresenta il guadagno del broker dalle nostre operazioni. Per concludere, due termini che un buon trader non può non conoscere: “loss”, perdita, e “gain”, guadagno.

Piazza Affari, le novità azionarie di novembre 2015

Sta per arrivare la settimana della Fed e della BoJ, con un carico di attese a dir poco enorme data l’incidenza che si avrà all’interno di quel flusso di transazioni, valutarie o meno, presenti nel vasto scenario del trading online. Per quanto riguarda Piazza Affari, invece, si è di fronte ad una situazione la cui lettura, in termini numerici e discorsivi, non è affatto semplice. Questo perché la Cina ha abbassato a sorpresa i propri tassi, confermando così la guerra di valute iniziata ormai da diverso tempo. Un dualismo con la BCE destinato a proseguire per ancora molto tempo.

C’è da dire, però, che undici anni fa la dichiarazione di circostanza del Governatore Draghi, a cui seguì un’azione concreta da parte della Banca Centrale cinese nel ridurre drasticamente i tassi, servì a scongiurare una profonda decurtazione grafica capace di penalizzare oltremisura i mercati europei. Stesso discorso ora, con l’attività “congiunta” tra Draghi e la PBOC capace di ridare fiato ai listini europei rendendoli particolarmente appetibili per ogni genere di operazione azionaria eseguita da qualsiasi trader. Va ora capito, però , se questo trend positivo, comunemente chiamato sentiment, riuscirà a durare abbastanza a lungo da poter mascherare alcune criticità sorte soprattutto nell’ultimo periodo.

Il riferimento più o meno esplicito è alla situazione di sfiducia generata dalle vicende Volkswagen e DeutscheBank, due problematiche capaci di affossare i molteplici punti di forza azionari del listino tedesco. Tuttavia, con l’arrivo di novembre arriveranno svariati movimenti rialzisti in grado di soddisfare quelle previsioni a lungo termine delineate dai principali intermediari europei.

Testa a testa sul trono del mondo: Amancio Ortega di Zara più ricco di Bill Gates

Se lo stanno contendendo loro il primato di uomo più ricco del pianeta: Bill Gates fondatore di Microsoft e l’entrepreneur spagnolo Amancio Ortega, nome ben noto agli appassionati di moda essendo il patron di Zara, catena internazionale di negozi d’abbigliamento in costante e rapida ascesa. Nel 2014 la rivista Forbes lo aveva incoronato uomo più ricco d’Europa, in questi giorni gli ha conferito invece il titolo di paperone del mondo anche se non stabilmente: Gates infatti attualmente e’ di nuovo al primo posto.

Si delinea così una competizione accanita appena agli inizi. Amancio Ortega Gaona, classe 1936, con un patrimonio di circa 80 miliardi di dollari, equivalente a 72 miliardi di euro, è salito temporaneamente in vetta  lasciandosi Gates  alle spalle con circa 78 miliardi di dollari (70 miliardi di euro), detronizzandolo per un po’ grazie ai successi indiscutibili del gruppo Inditex – Industrias de Diseño Textil Sociedad Anónima – fondato insieme a sua moglie Rosalia Mera in cui convergono, oltre a Zara, altre famose catene del mondo fashion come  Zara Home, Bershka, Stradivarius, Pull&Bear e Massimo Dutti.

Zara è in continua fase di espansione con i suoi 140mila dipendenti, 94 nuovi punti vendita e la sua presenza in ben 90 Paesi. Nel primo semestre 2015  ha visto gli utili (pari a 1,166 miliardi di euro)  crescere del 26% rispetto allo stesso periodo del 2014 e le vendite aumentare del 17%  arrivando a 9,4 miliardi grazie anche al florido mercato asiatico.  Il segreto di un tale successo platenario sta nel porre le esigenze estetiche ed economiche del cliente  al primo posto e nel mantenere un  sapiente equilibrio tra qualità di prodotto, prezzi contenuti, e sviluppo dei vari step di produzione – da progettazione a inizio vendita – in soli 15 giorni (invece dei 6 mesi canonici) captando e seguendo costantemente le ultime tendenze della moda internazionale.

Canone Rai 2016 in unica soluzione di pagamento, ma il web è salvo

Sembra che stavolta non sfuggiremo: il canone Rai si dovra’ pagare con la prima fattura di erogazione d’energia elettrica 2016  in un’unica soluzione. E non abbiamo possibilita’ di sostegno e complicità da nessuno: sono infatti previste pesanti multe per quelle aziende elettriche che non comunicheranno l’elenco dei morosi (o che non riverseranno gli introiti all’erario). Così recita l’ultima bozza della Legge di Stabilità ormai prossima alla stesura defitiva, secondo la quale si presume la detenzione o utenza di un apparecchio tv in presenza di fornitura energia elettrica (!). Presunta, quindi la mancanza in casa di apparecchi televisivi va autocertificata presso le Agenzie delle Entrate di zona.

L’importo sara’ di 100 euro, più basso rispetto al canone 2015 che ammontava a 113.50 euro, e dovrebbe essere consolatorio sapere che, dal 2016 al 2018, le eventuali maggiori entrate versate pagando il canone Rai – stavolta pare da tutti – finiranno in un fondo per la riduzione della pressione fiscale. Recuperando così l’evaso, il canone scenderebbe intorno agli 80 euro.

Chi deve, quindi, pagare il canone?  Non possono esimersi i possessori di televisori, radio (non autoradio), apparecchi in grado di ricevere programmi tv con i sistemi tradizionali: antenna, parabola satellitare e collegamento via cavo. Lo pagano anche i fruitori di pc che abbiano scelleratamente collegato  ad esso un box di ricezione usando i sistemi tradizionali: ad es, antenne collegate ad ingresso Usb.  Chi invece non lo paga?  Possono esserne esenti i possessori di computer, tablet, smartphone e di tutti gli strumenti che sfruttano il collegamento internet per ricevere programmi, come tra l’altro – ma pensa – gli stessi programmi Rai in streaming. Gli internauti sono salvi, quindi, anche se il tentativo di estendere il canone Rai ad una sorta di tassa sul web c’e’ stato, scatenando immediatamente  polemiche talmente aspre da far desistere repentinamente dall’infelice proposito.

E’ a questo punto, pero’, che si profila un escamotage:  un monitor senza possibilità di ricezione, usarlo al posto della tv, collegare un pc/tablet su cui scaricare l’app della Rai con annessa visione dei programmi in diretta – oppure usare  Android Tv dal web allo schermo – e il gioco e’ fatto. Anche stavolta.

Broker di trading online: pagare o non pagare le commissioni?

Una volta dato il via ad una attività di trading di qualunque genere, i trader pensano principalmente a come farla fruttare in modo positivo seguendo trend e prezzi che il mercato offre. Sebbene ciò sia giusto, non va sottovalutata la scelta di un possibile broker che, in virtù della sua esperienza, sappia consigliare il miglior modo per investire in questa o in quell’altra area senza eccessivi rischi. Come in tutti gli ambiti, però, ce ne sono di eccezionali e di pessimi in base alle varie caratteristiche in loro possesso più o meno vantaggiose.

Un aspetto spesso trascurato è quello delle commissioni richieste per svolgere un’attività di intermediazione. In linea di massima, le società di brokeraggio sono delle entità private che mirano ad ottenere un profitto; questa visione economica e professionale diventa problematica nel momento in cui i canali per pervenire ad un simile obiettivo appaiono incerti o poco trasparenti. E’ il caso del trading online, dove i broker di oggi non possono affatto applicare le commissioni di circa 15 anni fa poiché sconvenienti e fuori dagli attuali strumenti e parametri conoscitivi del trader medio, che nel frattempo non è rimasto con le mani in mano e si è documentato, in maniera approfondita, su tutto quello che ruota attorno a quel settore.

Ecco perché, a ragion di causa, occorre scegliere quelle società di broker totalmente gratuite, il cui guadagno emerge applicando un piccolo spread tra il prezzo a cui è possibile comprare e il prezzo a cui è possibile vendere. Inoltre, da parte loro c’è sempre la garanzia di una buona liquidità da investire sul mercato.

Bonus Scuola, ecco come può essere speso

Purtroppo è risaputo che gli insegnanti italiani non sono tra i più pagati in Europa. Se un docente tedesco di scuola primaria, ad inizio carriera, guadagna infatti  38 mila euro netti, nel nostro paese i colleghi di pari grado si dovranno accontentare di un reddito annuale di ben 15 mila euro inferiore. Un altro confronto evidenzia che in molti paesi (come Belgio, Portogallo, Spagna e Austria), lo stipendio annuale di un professore di scuola superiore a fine carriera supera i 50 mila euro, mentre nel nostro paese un docente di scuola secondaria prossimo alla pensione riceve solo 37 mila euro.

Al fine di correre ai ripari, il governo italiano ha recentemente varato un decreto che permette agli insegnanti di usufruire di un cosiddetto “bonus scuola” pari a 500 euro annui. Sebbene alcuni addetti ai lavori considerino questo incentivo come una manovra promozionale e discutibile (la somma equivale a poco più di 40 euro mensili), si tratta pur sempre di un’opportunità offerta ai 700 mila insegnanti italiani di tenersi aggiornati, formarsi ed acquisire materiale per migliorare la qualità della loro didattica.

In attesa che venga istituita la carta elettronica che permetterà di usufruire con facilità del bonus (dovrebbe entrare in funzione nel 2016), il decreto specifica che la somma a disposizione può essere utilizzata per:

  • acquistare libri, testi, riviste e pubblicazioni utili all’aggiornamento professionale (anche in formato digitale);
  • acquistare hardware e software;
  • iscriversi a corsi di aggiornamento e di qualificazione professionale, purché siano svolti da enti che hanno credito presso il Miur;
  • iscriversi a corsi di laurea, specialistica o a ciclo unico che abbiano attinenza col profilo professionale, ovvero ad un corso post-laurea o ad un master universitario inerente al proprio profilo professionale;
  • assistere a rappresentazioni di teatro e cinematografiche,
  • acquistare biglietti di ingresso a musei, eventi culturali, mostre o spettacoli dal vivo.

Mediaset, raggiunto l’accordo con Google-YouTube

E’ stato appena siglato un importante accordo di collaborazione tra due grandi colossi dell’intrattenimento e dell’informazione, ovvero Mediaset e Google-YouTube. La sinergia venutasi a creare, infatti, apre nuove prospettive e proclama la fine di contenziosi andati avanti per troppi anni, assicurando così uno sviluppo unitario di tutto ciò che ruota intorno alla definizione di piattaforme digitali dotate di contenuti qualitativamente elevati. Inoltre, tale strategia mira alla massima protezione del copyright dell’editore al fine di evitare rischiose complicazioni capaci di minare i molteplici aspetti programmatici e finanziari dietro le azioni di due player del genere. Una precauzione utile e quanto mai indispensabile.

Ad ogni modo, dopo una simile notizia il titolo Mediaset è salito del 2,37% a quota 4,584 euro. Un dato confortante stabilito proprio nel giorno della pubblicazione dell’esercizio fiscale trimestrale di Sky, rivale diretta del gruppo televisivo italiano, ma che non rappresenta altro che un piccolo passo verso gli esorbitanti rendimenti del gigante controllato dalla famiglia Murdoch: con il maggior numero di abbonati in Europa, e un’impennata nei ricavi del 6% grazie alle crescite registrate in Germania, Austria, Regno Unito e Irlanda, Sky gode di ottima salute, ed è ben lontana dal mollare la presa sulla propria fetta di mercato.

Una costante inesorabile, con la quale Mediaset deve continuamente confrontarsi soprattutto dopo la perdita di oltre 37 mila utenti avvenuta nel corso dell’ultimo periodo. L’accordo con Google-YouTube, ed altri progetti in cantiere prossimi alla definizione, dovranno, in un modo o nell’altro, dare nuova linfa alla spinta economica e finanziaria del gruppo televisivo italiano e al relativo indotto a cui fa capo.