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Condizione sospensiva: che cos’è? Che diffenza c’è con la condizione risolutiva?

L’articolo 1353 del Codice Civile definisce la condizione sospensiva all’interno del diritto italiano. Ma in che cosa consiste questa condizione e come può essere applicata all’interno di un contratto? Qual è la differenza che sussiste tra condizione sospensiva e condizione risolutiva? Di seguito una breve disamina di questa clausola.

Condizione sospensiva: che cosa è?

Nell’ambito del diritto italiano, quando si parla di condizione, si fa riferimento a un elemento futuro e incerto dal quale dipende l’efficacia o la risoluzione del negozio giuridico, così come stabilito dall’articolo 1353 del Codice Civile. L’articolo 1353 del Codice Civile, infatti, recita testualmente: «Le parti possono subordinare l’efficacia o la risoluzione del contratto o di un singolo patto a un avvenimento futuro e incerto»

Il caso specifico della condizione sospensiva, quindi, si ottiene nel momento in cui gli effetti del negozio giuridico ad essa sottoposto non si producono immediatamente, ma solo nel caso in cui la condizione espressa trovi accadimento.

Se le condizioni sospensive sono “contrarie a norme imperative, all’ordine pubblico, o al buon costume”, allora il contratto è nullo.

La condizione sospensiva trova applicazione all’interno, per esempio, nei contratti di compravendita quale elemento accessorio. In questo caso la sua valenza riguarda la validità giuridica della compravendita, che viene posposta al momento in cui si verifica un evento futuro. In questo senso si configura quindi la sussistenza di una proposta di acquisto condizionata. Lo scopo di questa clausola è quello di tutelare le parti in contrattazione. In questo modo, infatti, chi stipula l’accordo mira a evitare i rischi tipicamente legati al negozio della compravendita.

Differenza tra condizione sospensiva e condizione risolutiva

Oltre alla condizione sospensiva, ne esiste anche un altro tipo, ovvero quella risolutiva. A differenza di quella sospensiva, però, la condizione risolutiva si verifica quando la produzione degli effetti che il negozio ha già prodotto trova fine nel momento in cui si verifica l’evento dedotto nella condizione.

In altre parole, si parla di condizione sospensiva se l’efficacia del contratto è subordinata all’avverarsi della condizione. Si parla invece di condizione risolutiva se la risoluzione del contratto dipende direttamente dall’avveramento della condizione.

Nell’esempio del contratto di compravendita, la condizione sospensiva introduce una clausola che posticipa l’effettiva attuazione di un atto negoziale al momento successivo al verificarsi di un determinato evento. Ciò significa che, per esempio, un acquirente si impegna all’acquisto di un immobile solo se si verifica l’evento di concessione del mutuo. Fin tanto che il mutuo non è concesso, l’immobile non si intende acquistato.

La condizione risolutiva, invece, prevede che l’attuazione dell’atto negoziale termini i suoi effetti nel momento in cui si verifica una determinata situazione o evento. In questo caso, tornando all’esempio precedente, il contratto è già efficace ma alcuni dei suoi effetti possono essere eliminati al verificarsi di un dato evento.

Questo evento può consistere, per esempio, nel rilascio di particolari permessi (come il permesso di costruzione) da parte del Comune. In mancanza di questa condizione, il contratto si risolve automaticamente in base alla clausola risolutiva.

Altri tipi di condizione

All’interno delle condizioni risolutive e sospensive sono presenti altre possibili distinzioni. Queste distinzioni possono essere operate sulla base di altre declinazioni. Per esempio, in base all’avveramento di una determinata situazione, la condizione può essere affermativa (se la situazione subisce una modifica) o negativa (se la condizione resta la medesima).

O ancora, si può distinguere tra condizione causale, se l’evento dipende dal caso o da terzi; potestativa, se la condizione dipende dalla volontà di una delle parti o dal caso, o mista, nel momento in cui la condizione dipende dalla volontà di una delle parti.

Infine, esistono dei negozi giuridici detti actus legittimi per i quali non può sussistere una condizione. Ne sono costituiscono un esempio il matrimonio, il riconoscimento di un figlio naturale, o l’accettazione e la rinuncia dell’eredità.