L’Argentina volta pagina e dopo 12 anni di “kirchnerismo” sceglie Mauricio Macrì, il candidato che si proponeva di rompere con il recente passato. La stagnazione di cui è preda l’economia argentina ha pesato non poco sul ballottaggio che ha sancito la sorprendente sconfitta di Daniel Scioli, il candidato peronista che avrebbe dovuto operare in continuità con quanto messo in campo da Cristina Fernandez Kirchner, colei che risiedeva alla Casa Rosada dal 2007.
Va ricordato che il Paese sudamericano è in preda ad una stagnazione che si accompagna all’aumento del deficit e che mette Buenos Aires in una condizione abbastanza complicata, tale da obbligarlo a cercare di recuperare un accesso ai mercati finanziari. Le riserve della Banca centrale si attestano ormai a circa 30 miliardi di dollari, che non sono molti considerando che, come riferito da La Nacion, l’Argentina si troverà nel corso del 2016 a fronteggiare scadenze di pagamento per 25. Una situazione che ha spinto il governo a porre una serie di restrizioni al movimento di capitali, mentre va rilevata anche un’inflazione al 30%.
Un problema, quello dell’accesso ai mercati finanziari, non da poco per chi ha optato in passato per il default. L’Argentina è infatti ancora impegnata in un braccio di ferro con la giustizia statunitense e con alcuni hedge funds, che dopo aver rastrellato a prezzi stracciati i titoli coinvolti nel crollo del 2001e non aver aderito alle successive ristrutturazioni si sono visti riconoscere il diritto al pieno rimborso. Si tratta di circa un miliardo e mezzo di dollari che Buenos Aires dovrebbe corrispondere ai cosiddetti “fondi buitre”, ovvero fondi avvoltoi, che però non vuole pagare in quanto farlo innescherebbe una spirale di rivendicazioni analoghe per un totale di circa 20 miliardi di dollari. I Tango Bond sono un incubo anche per tanti piccoli risparmiatori italiani che avevano investito i loro risparmi su questo mezzo di risparmio, non ascoltando i ripetuti allarmi su un possibile crac argentino.
Ora per coloro che li posseggono potrebbe aprirsi uno spiraglio. Anche Mauricio Macrì, come del resto Scioli, prima delle elezioni aveva affermato la necessità di un accordo. Dopo aver promesso la rimozione dei vincoli sui movimenti di capitali e il ripristino dell’autonomia di banca centrale e istituto di statistica, sicuramente il nuovo presidente è più gradito alla comunità finanziaria. Allo stesso tempo, però, non può sembrare più propenso a fare gli interessi del grande capitale che dei propri concittadini e proprio per questo motivo ha aggiunto che in caso di vittoria sarebbe stato il più energico difensore degli interessi nazionali. Ora non resta che vederlo alla prova.